martedì

la castrazione chimica


Anna Falchi chiede la castrazione chimica

La confessione che Anna Falchi, la nota attrice italiana, ha fatto ieri a Pesaro, porta alla ribalta – e specie in questi giorni- uno dei nodi più cruciali dei problemi di giustizia, quelli che riguardano lo stabilire equità, e perciò giustizia, tra il reato commesso e la pena da far scontare. Ebbene già un ministro della Lega, a proposito degli odiosi e vergognosi abusi sessuali perpetrati contro le donne, aveva proposto la castrazione chimica contro gli aggressori processati e condannati per tali disgustosi atti. E Anna Falchi, ricordando l’aggressione subita, quando aveva diciott’anni, nel 1990, a cui sfuggì, chiede che si applichi questa tipologia di pena.
“Era una sera del 1990. In quel periodo ero a Torino, avevo 18 anni e affiancavo Gambarotta e Ma galli per ‘Lascia o raddoppia’. Uscii dalla Rai da sola. Mi sono accorta di essere seguita. Era un africano tutto sporco. Accelleravo il passo e lui pure. Mi ha scaraventato contro i bidoni dell’immondizia, voleva stuprarmi. Urlavo, ma non c’era nessuno. Così mi sono sfilata una scarpa con il tacco a spillo e l’ho colpito in faccia. Lui scappò. Sono andata in albergo a piedi nudi. Ho chiamato mia madre, poi i carabinieri, ma ero troppo scossa per fare un identikit. Ringrazio Dio che mi ha dato la forza di difendermi. Sono alta uno e 78, sono forte. Ma sono stata anche fortunata. Ora però mi guardo sempre alle spalle. Non giro più da sola. Tengo la bomboletta spray nella borsa, anche se è vietata”. C’è bisogno di rinunciare a una parte di libertà per prevenire tali atti? “A Milano le donne hanno paura, ma vedo che accettano passaggi dagli sconosciuti. Sì, bisogna rinunciare alla libertà. Del resto la nostra vita è piena di restrizioni. E poi bisogna sempre scappare dagli uomini violenti. Se uno ti picchia lo rifarà. Mi ha sconvolto la storia di quella ragazza violentata da un extracomunitario a Piazza di Spagna. Dopo due anni è finito ai domiciliari ed è scappato. Io invoco la castrazione chimica”.

lunedì

una lettera dal passato

Il mistery di Domenico Palumbo, giovane autore esordiente della Penisola Sorrentina


di F.M.


Sorrento si fa ulteriormente conoscere in questi giorni con un agile primo romanzo di un suo figlio: Domenico Palumbo, giovane ventiquattrenne, autore esordiente della Penisola Sorrentina fresco di laurea e di idee. Simpatico, solare, romantico (almeno dal tono della raccolta delle sue ultime poesie "Oltre il cuore") si è cimentato in un romanzo, che, purtroppo, a causa dei tagli imposti dalla casa editrice, appare quasi un racconto. Ma alla lettura i temi fondamentali non sfuggono, perciò cerchiamo di afferrarli anche noi... già, perchè ci riserviamo la possibilità di verificare quanto appreso nell'intervista di prossima uscita!!!

Che cosa accadrebbe se fosse ritrovata una lettera di Socrate? Questo è il motore dell’azione nel libro “una lettera dal passato”, un motore che pur rimane silenzioso e qualche volta, seppur fa capolino tra le righe, non parla se non con esili ammiccamenti. La vicenda si svolge in una piccola città di provincia –indefinita, anonima- la cui tranquillità è sconvolta dall’assassinio di Johnny Quimenon, un vecchio archeologo che vive in cima alla collina in una casa di sua proprietà con la sorella Ida. Le indagini sono affidate a due giovani poliziotti, Alan e Frank: uno addestrato all’uso della mente, versatile, perspicace, l’altro forte, impavido, buongustaio. Insieme formano, però, una accoppiata vincente: eppure questo libro non sarebbe possibile immaginarlo senza la presenza forte e determinante delle rispettive ragazze: Liz e Mena. In realtà l’investigatore in questo libro è costituito dall’insieme, a volte conflittuale, esplosivo, dei ragazzi: a parte, invece, la figura dell’ispettore capo, McCallaghan. Se da un lato veste i panni del ‘sempliciotto’ -secondo il clichè degli ultimi anni- pur ricopre il difficile compito di essere il ‘lettore ideale’, di essere cioè il pretesto delle disquisizioni e delle chiarificazioni di Alan, e, nello stesso tempo, di essere una guida tacita che indica la strada ai protagonisti. E il nemico? A differenza dei thriller, dei gialli e dei polizieschi, il nemico è amorfo, non avendo una parte attiva se non all’inizio dell’avventura e pur sempre rimanendo poi ai margini, anche quando, a indagini concluse, si ricostruisce il quadro dell’avvenimento: sempre parziali le motivazioni, sottili, sfuggenti. E questo perché uno dei moventi dell’assassinio è racchiuso nella gelosia del sapere: c’è chi si è arrogato il diritto di essere il solo custode di una conoscenza particolare, unica. Movente, quindi, che non può trovare una chiarificazione certa, chiara, perché c’è sempre una parte incompleta, un non-detto che deve rimanere, in qualche modo come garanzia della finzione. Ed è sui generis anche questa dicotomia: Johnny inventa una serie di trappole per coloro che potrebbero violare il reperto di cui vuole essere l’unico custode; gli assassini invece sono esponenti di una setta e per questo seguaci di una forma di sapere particolare, e se da una parte agisce violentemente –perché vuole aver ragione di tutto, ferma com’è nella convinzione di possedere la Verità- dall’altro scende sullo stesso piano della vittima, autoproclamandosi cioè come custode della Verità.
Ed è invece proprio nell’attività socratica di indagine di Alan, -portata avanti con il dialogo aperto, incentrata su ricerche e deduzioni, che è da individuare l’esatto opposto di questo atteggiamento esoterico del sapere: un sapere in costruzione è, socraticamente, un sapere chiaro, un sapere ‘che-viene-.alla-luce’.
Jhonny è ossessionato, ha predisposto tutto nei minimi dettagli, ha costruito false piste: e se da un lato cerca nella contemplazione dell’oggetto protetto la chiave per raggiungere una conoscenza più completa, dall’altro non esita ad abbandonarsi ai culti del mistero, a quei culti oracolari e dionisiaci della Grecia antica. Ed è quest’ombra a rendere ‘dark’ la scena, a giustificare i tanti colpi di scena della narrazione. Non ultimo, il duello finale. E la ricostruzione del manoscritto nonché la lettura del reperto socratico: particolare è l’atteggiamento di Socrate di fronte alla morte, tremendamente umano nel suo tentennare, nel suo chiedersi eppure nel suo indicare, come un testamento, le linee maestre e non dette della sua esistenza. E forse non affatto irreali.

Il libro è edito da Tracce diverse edizioni e costa 12.00 euro.
In bocca al lupo, Domenico!

sabato

La confessione di Gunter Grass




Il Premio Nobel Gunter Grass, simbolo della Germania unita, premio Nobel per la letteratura nel 1999, con una sua confessione clamorosa nell’intervista shock che esce oggi sulla Frankfurter Allgemeine, scuote l’opinione pubblica di mezzo mondo: “mi arruolai volontario nelle SS”. E nelle sue memorie (Beim Haeuten der Zwiebel, sbucciando la cipolla) narra la sua gioventù sotto il nazismo, perché “era la mia urgenza personale che mi ha spinto a parlarne”. Si legge: “C’era un ragazzo cattolico timido e impacciato ma simpatico, si chiamava Joseph Ratzinger. Vivevamo tutti insieme in tende, e quando pioveva ci si riparava nelle buche. Io e lui davamo la caccia ai barattoli usati per giocare a dati. Era timido ma simpatico e intelligente. Ricordo le nostre confessioni nel campo, lui voleva diventare religioso, io intellettuale. Oggi io sono scrittore, lui è Papa”. Nell’intervista, dopo un silenzio lungo sessant’anni, dopo la stesura de “Il tamburo di latta” prima grande opera letteraria sul dramma del nazismo, dopo lo schieramento a sinistra, confessa: “Il mio silenzio per tutti questi anni è uno dei motivi per cui ho scritto questo libro di memorie. Doveva venir fuori, alla fine”. Nelle biografie del Nobel tedesco, finora, si leggeva soltanto ch’egli fu arruolato a forza nel 1944 come “Flakhelfer”, cioè ausiliario della contraerea, e che in tale veste prestò servizio militare coatto. Una cosa era essere arruolati a forza, altro presentarsi volontari: “Oramai celebriamo tanti eroi della resistenza tedesca che non si capisce come mai Hitler arrivò al potere. Invece il nazismo fu accolto da consenso ed entusiasmo”. Tanto che egli ammette che avrebbe voluto imbarcarsi negli U-Boot, ma la flotta nazista era stata spazzata via dai contrattacchi anglo-americani; così fu assegnato alle SS. “Per me l’arruolamento fu il primo motivo per uscire dal ristretto ambiente della famiglia. Volevo farla finita con quella vita, per questo mi arruolai volontario”. E alla domanda del giornalista, se prova un senso di colpa per questo, egli risponde: “Se lo provai allora? No. Più tardi, quel senso di colpa ha pesato sul mio animo come una vergogna. È sempre stato accompagnato dalla domanda: allora, Gunter, non avresti potuto capire cosa stava accadendo?”
E noi, invece, ci chiediamo: gli avrebbero comunque assegnato il Nobel se non si fosse schierato a sinistra e avesse confessato prima il suo reale passato?

venerdì

Long bets





Per un napoletano ‘scommessa’ è sinonimo di “giocare al lotto”: ma non per tutti è così. Gli americani le chiamano «long bets», scommesse sul futuro: grandi scienziati formulano una previsione e centinaia di persone comuni discutono e si confrontano.
Alcuni scienziati italiani, su Newton, hanno detto la loro:


Tra 50 anni i trapianti d'organo saranno scomparsi.
Ci cureremo con la biologia molecolare e con le staminali Ignazio Marino

Tra 30 anni lo stato europeo avrà un solo governo, un parlamento e una moneta.
L'UE sarà un vecchio ricordo Lucio Caracciolo

Tra 30 anni le scimmie avranno gli stessi diritti dell'uomo.
E forse comunicheremo parlando con la lingua dei sordomuti. Giorgio Celli

Tra 20 anni risolveremo il mistero della lingua etrusca:
riusciremo finalmente a comprendere il significato delle parole. Enrico Benelli

Tra 25 anni troveremo il modo, con le staminali, di fermare l' invecchiamento.
Tanto che vivremo duecento anni. Angelo Vescovi

Tra 10 anni avremo computer e apparecchi mille volte più piccoli.
E vivremo in un mondo di intelligenze artificiali. Sandro Incerti

La tradizione occidentale sarà distrutta.
E il mondo sarà governato da scienza e tecnica senza etica. Emanuele Severino

Tra 40 anni sarà iniziata la conversione dall' economia al petrolio
a un'economia pulita. Ennio Macchi

Tra 10 anni il cancro non sarà una malattia invincibile.
Prevenzione e genetica ci aiuteranno a sconfiggerlo. Pasquale Spinelli

Se non riusciremo a fermare il boom demografico, tra 40 anni il pianeta terra
sarà al collasso ecologico. Giovanni Sartori

giovedì

Le stelle di San Lorenzo


«Le stelle di San Lorenzo scompariranno»



Le stelle cadenti che hanno sempre affascinato, fin dall'antichità, gli uomini -perchè sembravano cadere mentre le stelle "normali" e gli altri pianeti rimanevano fissi in cielo- così visibili nella notte di San Lorenzo, a sentire l’astrofisica Margherita Hack, saranno sempre meno visibili e meno frequenti. Tanto che l'astrofisica non esclude addirittura la scomparsa definitiva del noto fenomeno astronomico che ha reso la notte agostana uno degli appuntamenti più romantici dell’estate, fonte di ispirazione per canzoni, poesie e credenze popolari. Ma non c’è da preoccuparsi troppo: tutto questo, infatti, succederà gradualmente e la scomparsa definitiva delle comete di San Lorenzo avverrà probabilmente tra parecchie decine di anni.
“Le stelle cadenti di agosto - spiega Margherita Hack - derivano dalla frantumazione di una cometa passata nel nostro sistema solare nell'Ottocento. Il fenomeno delle stelle che cadono rappresenta i residui della cometa che ogni anno si consumano. Già rispetto agli inizi del secolo scorso le stelle cadenti sono diminuite moltissimo, come testimoniato dalle foto dell'epoca che mostravano una pioggia meteorica straordinaria”.
Come tutti i grandi fenomeni, sublimi a parere di qualche pensatore, generano negli uomini che le osservavano, un misto di meraviglia e spavento. Se prima, infatti, le stelle cadenti erano interpretate come segno infausto, tanto che gli antichi le consideravano le lacrime delle divinità, successivamente la tradizione popolare cristiana le ha identificate come lacrime che cadono dal cielo, legandole al martirio di San Lorenzo.
Ma tranquilli, perché non è la fine di un sogno: i desideri si possono esprimere tutto l’anno, dal momento che le stelle cadenti si possono vedere tutti i mesi, anche se non in maniera così intensa come a San Lorenzo. Quindi potete continuare a organizzare romantiche passeggiate al chiaro di luna –tempo e Fortuna permettendo!


Cosa sono le stelle cadenti?
“Le stelle cadenti nascono come frammenti di silicati, grafite o ghiaccio lasciati dalla progressiva disintegrazione delle comete. Questi residui, sotto forma di polveri, viaggiano a 40-70 chilometri al secondo e il forte impatto con l'atmosfera le fa riscaldare e si trasformano in luce. Quando l'orbita di questi frammenti interseca quella terrestre ecco che sono visibili le stelle cadenti. In particolare le «Perseidi», così chiamate perchè il loro radiante, il punto unico corrispondente alla direzione verso cui la terra si sta muovendo in quel momento, sembra situato a nord est, nella costellazione di Perseo, nascono dalla frantumazione della cometa Swift-Tuttle. Nell'Ottocento il massimo della loro visibilità coincideva con il 10 agosto, giorno di San Lorenzo, ma in realtà le lacrime sono visibili dalla fine di luglio e con il passare del tempo il radiante si è spostato al 12 agosto”.

mercoledì

Napoli e l'indulto?!!!




Purtroppo sono costretto a scrivere contro Napoli, ma soprattutto contro tutti gli idioti che invece di fare riforme giuste -secondo la Giustizia- cercano di mettere le toppe ai problemi. Ho taciuto appositamente quando qualche settimana fa il Governo ha approvato l'indulto, non solo perchè non credo ai motivi a cui quelli che chiamiamo deputati hanno ricorso per conquistare una maggioranza e una fiducia per il provvedimento, ma soprattutto perchè non credo nella validità di tale espediente. Si dice che Striscia la Notizia sia una trasmissione seguita da milioni di italiani: ebbene, mi chiedo che fine abbiano fatto quei telespettatori che, sapendo dell'imminente riforma, non hanno ricordato il servizio della nota trasmissione televisiva proprio a proposito dei tanti carceri costruiti sul territorio italiano, ma che sono in disuso e che versano in pietosa incuria. Non sarebbe stato più saggio far in modo di mettere in funzione quelle strutture già esistenti e creare nuove assunzioni di personale, sfruttando anche i 19 miliardi di euro che il governo ha racimolato dalle tasse pagate dagli Italiani, e dagli evasori 'pentiti'?
Il procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore, dice la sua sull'indulto, e sulla situazione nel napoletano, ove, è bene ricordarlo, l'amministrazione comunale ha sigillato la sua sconfitta con la criminalità attraverso la grande trovata di dare Rolex di plastica ai turisti, quasi confessando che loro non possono farci niente, e che non sono in grado di assicurare la sicurezza:
"Si è trattato di un effetto forse non adeguatamente calcolato dal legislatore. Certo è che la scarcerazione di alcuni personaggi, vanifica anni ed anni di lavoro: sia delle forze di polizia giudiziaria, sia della magistratura".
E che dire di Laura, la vittima dell'aggressione del 15 gennaio scorso, che deve convivere con la notizia che i suoi baby-aggressori sono stati messi in libertà? "Rabbia non ce n'è. Ho capito come funziona. Questa è la legge, in Italia. Riaprire le porte a chi, quattordicenne o diciassettenne, è già abituato a rapinare e dar la caccia di notte alle persone come fossero prede, equivale ad incoraggiare questi delitti. Sapete che pensano questi ragazzi dello Stato, delle leggi e degli ingenui che come me denunciano una cosa così grave? Pensano che tanto se la caveranno sempre. Pensano che i fessi siamo noi".
Non credo ci sia altro da aggiungere, se non ammonire gravemente che si rifletta su queste parole; e si finisca di dire che gli italiani non amano più l'Italia e che non hanno più fiducia nello Stato, se proprio la Patria non dimostri di essere Giusta e sempre Presente?

martedì

Rocky Balboa


Rocky VI



Ormai è una notizia certa: Rocky Balboa VI uscirà nelle sale americane il 22 dicembre. Il film, scritto, diretto e interpretato da Stallone stesso, s’intitola “Rocky Balboa” ed è il sesto capitolo della saga del pugile di Philadelphia. A 60 anni, a 16 anni di distanza dall’ultimo film della serie (Rocky V), Stallone ha fame di rivincita. Il Rocky originale (1976), scritto dall’allora sconosciuto Stallone e diretto da John Avildsen, vinse 3 Oscar e incassò 117 milioni di dollari sono in Usa. In “Rocky Balboa” il vecchio pugile, ritiratosi dal ring oramai da anni, tenta di nuovo l’assalto al titolo dei pesi massimi detenuto da Mason “The Line” Dixon. Entrambi vogliono ristabilire la loro dignità: Dixon perché è disprezzato dai fan per la sua tendenza a liquidare brutalmente avversari di dubbio valore; Rocky perché da quando è sceso dal ring conduce una vita appartata e malinconica. La moglie Adrian è morta, Rocky è solo e il figlio sembra quasi vergognarsi di lui. E anche se, quando Rocky decide di staccare i guantoni dal chiodo, ha contro tutti che cercano di dissuaderlo, riesce comunque ad ottenere il nullaosta della federazione per il match.
In una scena il figlio gli chiede: “papà, non credi di essere…insomma, troppo vecchio?” Rocky gli risponde: “Sì, ma tu credi che bisogna smettere di provarci solo perché hai avuto troppi compleanni? Io no. Che c’è di male nell’alzare la fronte e dire: Io sono?”
E Stallone aggiunge: “Mi sono ribellato per anni all’idea di un altro Rocky, ma ora mi sembra normale percorrere il suo intero spettro esistenziale. Rocky ha bisogno di gareggiare a dispetto della sua età, come ha fatto il mio eroe Gorge Foreman, campione del mondo a 45 anni. Un pugile può perdere con gli anni il suo smalto atletico e l’abilità, ma i vecchi combattenti hanno ancora il pugno. Il pugno è l’ultima cosa che si perde”.

lunedì

Lo show di Madonna




Lo show trasgressivo di Madonna ha incendiato lo stadio Olimpico di Roma: la sacerdotessa del culto profano della dance music è arrivata nella città dei Papi, si è fatta crocifiggere su una croce massiccia, composta da centinai di specchietti, con sul capo anche la corona di spine, e sulla metafora che il mondo è un’immensa sala da ballo, ove tutto è provocazione e ambiguità, tanto che la scandalosa cantante 48enne si è esibita anche in una performance con lei cavalca e si fa cavalcare dai suoi ballerini, il popolo la osanna, la gente esulta, le ragazzine continuano a vedere in lei un modello “liberato”, sfrontato, perfino autorevole nel suo imporre un’idea forte e trasgressiva di femminilità. Dalla crocifissione sul pezzo Live to tell si arriva fino a Sorry, dove gli schermi sparano faccioni politici e religiosi, una carrellata che va da Mussolini a Berlusconi, passando per Bush, Hitler e Papa Ratzinger, proprio tra i cattivi della terra: che abbia fatto un omaggio al femminino sacro invocato dal Codice da Vinci? Il “Madonna’s people” ha fatto sentire la sua presenza: “Per venire da te non siamo andati a messa”, questa una delle tante scritte che spiccavano fra il pubblico.

Il DNA di Neanderthal




È una notizia che ha immediatamente catturato l’attenzione sia degli addetti ai lavori che dei profani: a 150 anndai primi ritrovamenti, l’istituto Max Plance annuncia il via al sequenziamento genetico dell’uomo di Neanderthal, specie improvvisamente estinta circa 30 mila anni fa. Sarà il DNA a svelare i misteri della specie, soprattutto a chiarire se esiste una parentela diretta fra l’uomo moderno e il Neanderthal.
Nelle loro mani gli antropologi hanno un materiale genetico fatto a brandelli dai millenni, corrotto dalla terra, dai batteri, e che finora è stato possibile studiare solo in minuscoli frammenti. Ma il dott. Svante Paabo, direttore del laboratorio di antropologia dell’università di Leipzig, in Germania, ha svelato di perseguire un nuovo metodo di biologia molecolare che permetterà di rimettere insieme tutti i pezzi della catena di DNA, completa di tutti i suoi 3 miliardi di elementi base.
Tra attesa e scetticismo c’è anche chi teme che possa essere clonato e tornare in vita.

sabato

I Finley: 9 luglio 2006


I Finley e l’inno dei mondiali.


In poche settimane sono passati dal 10 al 4 posto in classifica, 55 mila copie vendute dell’album di debutto “Tutto è possibile”, un pubblico di giovanissimi sempre presente e caloroso, concerti ed esibizioni da gruppo affermato: sono proprio loro, i Finley, che debbono la scelta del nome al solo fatto che esso “suonava come un nome da gruppo importante, da gruppo serio, perché Finley è solo il nome di un cestista americano” ma che sanno dar calore al pubblico; Pedro, la voce della band, aggiunge: “abbiamo dimostrato a tutti di saper suonare davvero”.
Ma le sorprese non finiscono qui. La band scoperta da Claudio Cecchetto si è decisa a trasformare la vittoria dell’Italia ai mondiali in rock, ovviamente utilizzando il po popopo popo po dei White Stripes, diventato il tormentone dell’estate. Alcuni già scommettono che “9 luglio 2006” -questo il titolo dell’istant song, diventerà un successo:
“Lo sai che male fa
sentire tutti quanti che mi dicono
che tanto tempo fa
l'Italia alzò al cielo quella coppa che
ho visto solo sulle figurine
in mano a Dino Zoff
9 luglio 2006 siamo tutti qui
Po popopo popo po, po popopo popo po
Po popopo popo po, po popopo popo po
finalmente questa Italia qui ci fa godere un po'
E' il settimo minuto
ci danno un rigore contro e va Zidane
segna e poco dopo
ci pensa Materazzi a pareggiare (si,si,si)
si va impauriti ai supplementari
tutti li incollati ai televisori
Grosso è pronto sul dischetto del rigore
con freddezza è gol
Po popopo popo po, po popopo popo po
Po popopo popo po, po popopo popo po
finalmente questa Italia qui ci fa godere un po'
Lo sai che bello è
adesso posso raccontare a tutti che
ho visto Cannavaro
alzare quella benedetta coppa che
ci fa saltare
Po popopo popo po, po popopo popo po
ci fa cantare
Po popopo popo po, po popopo popo po
ci fa gridare
Po popopo popo po, po popopo popo po
ci fa godere
Po popopo popo po, po popopo popo po
finalmente questa Italia qui ci fa godere un po’ ”.
E l’inno è fatto!

giovedì

Vanessa Incontrada




Tutti i fans della mitica Vanessa Incontrada saranno contenti di sapere che la bellissima attrice-conduttrice del grande Zelig, concederà al suo pubblico nientepopodimenoche un nudo!
Vanessa sarà la protagonista del film "Quale amore", tratto dal romanzo di Tolstoj "La sonata di Kreutzer". Per la pellicola, che sarà presentata a Locarno il prossimo 9 agosto, l'attrice ha girato delle scene senza veli. Ad annunciarlo è stata la stessa presentatrice e soubrette spagnola che, in un'intervista esclusiva a Grazia, ha detto di non aver provato nessun imbarazzo a recitare nuda.
"Mi aspetto che il pubblico possa percepire l'amore - ha detto la bella Incontrada - il dolore e tutto il lavoro che abbiamo fatto io e Giorgio Pasotti (protagonista maschile del film che interpreta il ruolo di suo marito - ndr), di quanto abbiamo creduto in questo film e in Maurizio Sciarra. Si tratta di un storia drammatica con scene molto dolorose che anche noi attori abbiamo vissuto profondamente per entrare nel ruolo".
Per quanto riguarda la scena senza veli l'attrice ha tenuto a precisare che la sceneggiatura è talmente potente e coinvolgente da farla passare in secondo piano. "Era la prima volta che lo facevo - ha commentato -. C'é una scena in cui appaio nuda di spalle e in due momenti mi si vede il seno, ma non mi ha colpito questa cosa, neanche quando mi sono rivista sullo schermo. Ero talmente immersa nella parte che in nessun momento vedevo Vanessa, vedevo Antonia".
In bocca al lupo, Vanessa!
E grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

martedì

MTV: musica da vedere


25 anni con MTV


Il primo agosto 1981 Mtv iniziava a trasmettere negli USA, inaugurando una nuova era, quella della ‘musica da vedere’. Una vera rivoluzione giacchè oggi i ragazzini non usano più l’espressione "hai ascoltato" ma "hai visto quel pezzo"? Per qualcuno quella non fu affatto una innovazione quanto un declino della musica, perchè stravolgeva quel rapporto di immaginazione che corre tra l’artista, la musica e l’ascoltatore. Si ripete quanto accade per i libri, sovente sostituiti dal cinema, di cui si preferisce l’immediatezza, il caleidoscopio di immagini sempre più colorate, sempre più iridescenti e vorticose. D’altro canto ci si chiede che ne sarebbe di vip come Madonna che seppe sfruttare al meglio la potenzialità comunicativa del videoclip per attirare a sè folle di adolescenti sedotte dal suo pezzo "Like a virgin"? E che dire di Michael Jackson che col video di "Thriller" stabilì il trionfo degli effetti speciali e l’importanza di una ricerca sempre più fina dell’insieme del videoclip? In questo senso, quando Godley & Cream realizzarono il video di ‘Cry’, con quella celebre sequenza di facce che si trasformavano l’una nell’altra, fecero capire che si poteva aggiungere o meglio specificare il senso, l’origine e magari il fine, del brano stesso. Come fosse un film. E non a caso registi apprezzati a livello internazionale hanno diretto "clip": Michelangelo Antonioni nel 1984 diresse "Fotoromanza" di Gianna Nannini; Brian De Palma, nel 1984 diresse "Dancing in the dark" di Bruce Springsteen, Martin Scorsese "Bad" di Michael Jackson; e come non ricordare Roman Polanski e Spike Lee, uno collaboratore di Vasco Rossi per il clip di "Gli Angeli", l’altro il Ramazzotti del 1993?
Sono trascorsi venticinque anni da quel primo videoclip trasmesso da Mtv, "Video killed the radio stars" dei Buggles del quale si ricorda bene Jovanotti, all’epoca Vj e oggi cantautore che gira il videoclip di "Una storia d’amore" con il telefonino: "la canzone dei Buggles fu lo spartiacque tra la musica ascoltata e la musica vista. Fare un video è come riscrivere un pezzo. La canzone, che resta l’elemento più importante, è anche un pretesto per praticare questa forma d’arte pop, come aveva intuito Andy Warhol al tempo della collaborazione con i Velvet Underground".
Sarà la stessa cosa vedere i videoclip in tv e sugli Ipod?