lunedì
Convivenza
Pensieri.
Mi fanno ridere alcune affermazioni inerenti la disputa dell'integrazione dei popoli immigrati nel nostro paese, e in special modo la questione del velo per le donne musulmane.
L'occasione è proposta dalle dichiarazioni dell'ex ministro degli Esteri britannico, Kack Straw proprio riguardo al velo: "Dobbiamo difendere la libertà d'espressione".
Ma come si può essere così miopi?
Innanzitutto la libertà di espressione è garantita non a posteriori, ma a priori. Che significa? In poche parole si garantisce la libertà di espressione quando la persona è conscia della sua decisione e la comunità tutela la sua possibilità e il suo diritto di esprimere le sue convinzioni, indipendentemente da tutto ciò che la circonda, in primis la stessa comunità di appartenenza. Certo, a detta di qualcuno, una cosa del genere non si vede realizzata pienamente nemmeno in quelle comunità occidentali dette "libere": ma il nucleo del problema sta proprio qui. La libertà di espressione è un derivato di un ideale di libertà più vasto e generale, il quale abbraccia tutto ciò che è legato all'idea di essere umano. Ovvero non è uno Stato che deve difendere la libertà di espressione di una persona, è invece la persona che deve esercitare il diritto della sua libertà di espressione. Lo Stato si deve limitare a garantire e a far rispettare il diritto alla Libertà. Questo implica una presa di coscienza di un cittadino tale che egli debba in primis esercitare, mettere in pratica i suoi diritti, quindi conoscerli e rispettarli, educando la sua visione alla libertà.
Se invece dalla politica si alzano cori in difesa di una libertà di espressione che rimane solo sulla carta, allora non è lecito lamentarsi se le comunità immigrate di minoranza manterranno inalterati i loro usi e costumi, purtroppo a volte restrittivi per certe categorie, come le donne.
La libertà è una cosa seria, è una conquista fatta in prima persona, è un percorso che parte dalla conoscenza, dal dialogo, dal confronto, dalla razionalità e dalla comunicazione, prima che dal rispetto. Non è possibile nè ammissibile che si inneggi al dialogo senza stabilire prima qual'è il terreno di confronto, qual' è cioè l'essenza unica che appartiene a tutti gli esseri umani, al di là delle religioni e delle provenienze culturali.
Premesso ciò l'affermazione del ministro Frattini: "Vorrei sentire le stesse donne musulmane affermare: prima siamo europee e poi islamiche. Vorrei vedere i moderati dell'Islam guidare le proprie comunità verso l'integrazione", appare sì ragionevole, ma in sostanza manchevole di basi solide, proprio perchè è impensabile che accada ciò, dal momento che non si è fatto altro fino ad ora che aprire un lembo di terreno all'interno della comunità europea nel quale si permette a comunità estranee di esercitare liberamente la loro appartenenza ad un altro gruppo sociale: cioè si chiamano questi gruppi "liberi" perchè sono in uno Stato Libero, ma non sono liberi perchè hanno coscienza e quindi partecipano della libertà di cui parla uno stato. Questo anche a causa di una retorica ignorante che riesce solo a scegliere tra modelli di integrazione, l'assimilazione e il multiculturalismo, invece di scendere apertamente in campo in un dialogo di convinvenza incentrato sulla Libertà.
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