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Da oggi, periodicamente, presenteremo brani dalle lettere più celebri della storia. Per prima proponiamo un estratto dalla missiva di Seneca alla madre Elvia: una lettera toccante che, come usuale nella metodica senechiana, cerca di edificare moralmente, additando allo studio l'unica strada da seguire per fortificare il proprio animo contro gli attacchi della fortuna. Teneri sono poi i rimandi ai figli e ai nipotini, tremendamente commoventi quelle carezze consolatorie per una madre in lacrime a causa della lontananza del figlio, e consolatorie come non mai quelle domande che da vacillanti -quali i primi interrogativi- diventano alla fine più ammiccanti, quasi un'esortazione da seguire.
«Dirai, mamma carissima: “Dunque sono priva del
mio figlio più caro, non posso godere dei suoi abbracci,
della sua vista, delle sue parole. Dov'è la creatura la cui presenza
rischiarava il mio volto, che mi faceva dimenticare
tutte le mie pene? Dove i discorsi, di cui ero insaziabile?
Dove quel tuo corrermi intorno? Dove, alla vista della
mamma, quell'allegria infantile?” Mettici anche i luoghi
dove abbiamo gioito e vissuto insieme, e i ricordi dei nostri
ultimi incontri, inevitabili punti di nuovo dolore. Ma quanto
più dura è la prova tanto più devi fare appello alla tua forza
morale e affrontare con maggior energia un nemico ben noto
e già più volte vinto. Questa non è la prima ferita che fa sanguinare
il tuo corpo: c'erano già cicatrici dove sei stata colpita.
So bene che non dipende da noi e che nessun sentimento
è in nostro potere, specialmente quello che nasce dal dolore:
perché è ostinato e ribelle ad ogni rimedio. Vorremmo a
volte soffocarlo e inghiottire i lamenti, ma la falsa calma del
viso si riga di lacrime. Cerchiamo a volte di non pensarci
assistendo a giochi ma fra gli spettacoli che ci distraggono
si fa sentire sempre una lieve fitta di dolore. Perciò è meglio
vincerlo che ingannarlo. Voglio perciò mostrarti quali motivi
hai di conforto. Pensa ai miei fratelli: finchè stan bene non
hai il diritto di accusare la fortuna. Entrambi ti hanno dato
soddisfazioni per motivi opposti: uno ha fatto carriera con la
sua attività, l'altro da saggio vi ha rinunziato. Conosco i più
segreti moventi dei miei fratelli: uno coltiva gli onori solo
per darti lustro, l'altro ha scelto una vita tranquilla e appartata
solo per dedicarsi a te. È un dono della fortuna aver
fatto dei tuoi figli il tuo sostegno e il tuo sollievo: puoi godere
della protezione dell'uno, del tempo libero dell'altro.
Faranno a gara per servirti e all'assenza di un figlio supplirà
l'affetto degli altri due. Posso rischiare una promessa: ti
mancherà solo il numero. Rivolgi poi il pensiero ai nipoti: a
Marco, un amore di bimbo. Quando c'è lui nessuna tristezza
può durare; non c'è afflizione grande o recente che resista
alle sue moine. Quali lacrime non asciugherebbe la sua allegria?
Quale cuore stretto dall'angoscia non si aprirebbe alle
sue monellerie? Chi non giocherebbe con lui? Chi non distrarrebbe
dai suoi pensieri quel cicaleccio che non stanca
mai? Si esaurisca in me tutta la crudeltà del destino: su me
passi ogni dolore destinato alla madre, ogni dolore destinato
alla nonna. Gli altri miei cari siano risparmiati: non mi
lamenterò del figlio perduto, né della mia condizione, pur di
essere il capro espiatorio della mia famiglia, che non abbia
più a soffrire di niente».