lunedì

Tommaso Moro




Tommaso Moro (Thomas More) è uno di quei pensatori la cui lettura è oggi più che mai consigliabile: abbiamo infatti cominciato insieme questo nuovo percorso all'interno delle lettere dal passato, e qualche volta nelle opere del passato!- fermi nel proposito di voler dimostrare che i classici di ogni tempo hanno ancora molto da dire. "Utopia" di Tommaso Moro rientra in questa categoria, e, come i grandi scritti, affronta problemi attuali nonostante siano stati indagati in un epoca ove la coscienza di essi non era per niente chiara. Ecco cosa scrive Moro a proposito dell'eutanasia e della convivenza di religioni in quella terra chiamata 'Utopia':


Nella migliore forma di repubblica i malati incurabili sono assistiti nel miglior modo possibile. Ma se il male non solo è inguaribile, ma dà al paziente continue sofferenze allora sacerdoti e magistrati, visto che il malato è inetto a qualsiasi compito, molesto agli altri, gravoso a sé stesso, sopravvive insomma alla propria morte, lo esortano a morire liberandosi lui stesso da quella vita amara, ovvero consenta di sua volontà a farsene strappare dagli altri…sarebbe un atto religioso e santo.


Sono varie le religioni, non solo per l'isola, ma per le città ancora. Altri onorano il Sole, altri la Luna, altri alcuna de le stelle erranti. Alcuni onorano per sommo dio qualche uomo che sia stato egregio per virtù. Ma la maggior parte, i più prudenti dico, non adora alcuna di queste cose, ma pensa che vi sia una occulta, eterna, immensa e inesplicabile divinità, sopra ogni capacità umana, la quale con la virtù, non con la grandezza, si stenda per questo mondo, e questo Dio chiamano padre. Da lui riconoscono l'origine, l'aumento, i mutamenti e il fine di tutte le cose e a lui solo danno i divini onori. Gli altri tutti, benché adorino cose diverse, in questo parere concorrono, che vi sia un sommo Dio, il quale abbia creato il tutto e con sua prudenza lo conservi, e chiamatilo in loro linguaggio Mytra. Ma discordano in questo: che uno afferma che questo sommo Dio sia una cosa e alcuno un'altra. Affermano, però, che quel sommo, il qual tengono per Dio, ha il governo del tutto. Ma tutti a poco a poco si scostano da la varietà de le soperstizioni e concorrono in quella religione che con più ragioni et evidenze si pruova. E già sarebbono tutti di una religione, se non che ogni disgrazia che loro accade nel mutare la religione si pensano che gli sia mandata dal Cielo per castigo e che quel Dio, il quale vogliono abbandonare, si vendichi di questa loro empia intenzione.

Gli Utopiensi, avendo inteso che i primi abitatori di quella regione esser stati cerca la religione di pareri diversi e considerando che queste varie sette, combattendo tra loro per la religione, gli aveano dato occasione di vincerli tutti, fecero un editto che ognuno potesse tenere quella religione qual più gli aggradiva a l'animo, e s'alcuno bramava di tirare l'altro ne la sua religione, poteva con modestia e ragioni studiare a persuaderlo, ma non usare in questo alcuna violenza o ingiuria; e chi contendeva di questo importunamente era punito con l'esilio o con servitù. Fecero gli Utopiensi tale statuto non solamente per rispetto di conservare la pace, la quale con la contenzione e con l'odio si estingue, ma eziandio pensando che piacesse a Dio il culto vario e diverso e che perciò ispirasse varii riti a questo e a quello. Ma giudicarono che non fusse convenevole voler con forza e minacce sforzare alcuno a credere quello che tu credi per vero. E quantunque una di quelle loro religioni fusse vera, tuttavia volseno che fusseno persuasi i loro cittadini a quella con modestia, sperando che la verità, quando che sia, debbia rimaner vittoriosa; e che, contendendosi con arme, gli uomini ostinati puotrebbono con le loro vane superstizioni oppriinere la vera religione, come avienc che i frutti vengono affogati da le spine. Così, da tai ragioni mossi, lasciarono libero ad ognuno di credere quello che più gli piaceva. Solamente vietarono che niuno affermasse le anime morire con i corpi e che il mondo fussc governato a caso, senza previdenza divina, laonde volevano che dopo questa vita fussero puniti i vizii e premiate le virtù.

giovedì

Pico della Mirandola


Probabilmente la fama di Pico della Mirandola è più che ormai una garanzia all'ascolto dei suoi discorsi: tuttavia, sempre più, come purtroppo è d'uso di questi tempi, v'è una continua propensione all'allontanarsi da tutti quei valori conquistati e sedimentati nella nostra cultura, non tanto nell' obliarli quanto, ancor peggio, nel rivestirli di una banale e mediocre retorica.
Tra le lettere possiamo inserire anche questa introduzione di Pico della Mirandola alle sue 900 tesi. Come sempre è una lettera dal passato: e in essa ritroviamo uno dei valori capisaldi della nostra cultura, la tanto sospirata libertà.

"Già il sommo Padre, già l'architetto divino aveva costruito, con le leggi della sua arcana sapienza, questa dimora terrena, questo tempio augustissimo della divinità, che è il nostro mondo. Già aveva posto gli spiriti ad ornamento della regione superna; già aveva seminato di anime immortali i globi eterei e riempito di ogni genere di animali le impure e lercie parti del mondo inferiore. Ma compiuta la sua opera, l'artefice divino vide che mancava qualcuno che considerasse il significato di così tanto lavoro, ne amasse la bellezza, ne ammirasse la grandezza. Avendo, quindi, terminata la sua opera, pensò da ultimo - come attestano Mosè e Timeo- di produrre l'uomo. [...] Ormai tutto era pieno, tutto era stato occupato negli ordini più alti, nei medii e negl'infimi. [...] Stabilì, dunque, il sommo Artefice, dato che non poteva dargli nulla in proprio, che avesse in comune ciò che era stato dato in particolare ai singoli. Prese pertanto l'uomo, fattura priva di un'immagine precisa e, postolo in mezzo al mondo, così parlò: «Adamo, non ti diedi una stabile dimora, né un'immagine propria, né alcuna peculiare prerogativa, perché tu devi avere e possedere secondo il tuo voto e la tua volontà quella dimora, quell'immagine, quella prerogativa che avrai scelto da te stesso. Una volta definita la natura alle restanti cose, sarà pure contenuta entro prescritte leggi. Ma tu senz'essere costretto da nessuna limitazione, potrai determinarla da te medesimo, secondo quell'arbitrio che ho posto nelle tue mani. Ti ho collocato al centro del mondo perché potessi così contemplare più comodamente tutto quanto è nel mondo. Non ti ho fatto del tutto né celeste né terreno, né mortale, né immortale perché tu possa plasmarti, libero artefice di te stesso, conforme a quel modello che ti sembrerà migliore. Potrai degenerare sino alle cose inferiori, i bruti, e potrai rigenerarti, se vuoi, sino alle creature superne, alle divine".

martedì

Erasmo


Oggi proponiamo la lettera di Erasmo all'amico Tommaso Moro, a proposito della stesura del celebre "Elogio della Follia": in fondo il tema della follia, come appare sempre più palesemente ai nostri giorni, è una costante comune di molte lingue...

da Erasmo da Rotterdam al suo Tommaso Moro
Alcuni giorni fa, tornando dall'Italia in Inghilterra, per non sprecare in chiacchiere banali il tempo che dovevo passare a cavallo, preferii riflettere un poco sui nostri studi comuni e godere del ricordo degli amici tanto dotti e cari, che avevo lasciato qui. Fra i primi che mi sono tornati alla mente c'eri tu, Moro carissimo. Anche da lontano il tuo ricordo aveva il medesimo fascino che esercitava, nella consueta intimità, la tua presenza che è stata, te lo giuro, la cosa più bella della mia vita.
Visto, dunque, che ritenevo di dover fare ad ogni costo qualcosa, e che il momento non sembrava adatto a una meditazione seria, mi venne in mente di tessere un elogio scherzoso della Follia.
"Ma quale capriccio di Pallade - ti chiederai - ti ha ispirato un'idea del genere?" In primo luogo, il tuo nome di famiglia, tanto vicino al termine morìa, quanto tu sei lontano dalla follia. E ne sei lontano a parere di tutti. Immaginavo inoltre che la mia trovata scherzosa sarebbe piaciuta soprattutto a te, che di solito ti diletti in questo genere scherzi, non privi, mi sembra, di dottrina e di sale, perchè nella vita di tutti i giorni fai in qualche modo la parte di Democrito. Sebbene, infatti, per singolare acume d'ingegno tu sia tanto lontano dal volgo, con la tua incredibile benevolenza e cordialità puoi trattare familiarmente con uomini d'ogni genere, traendone anche godimento.
Quindi, non solo accoglierai di buon grado questo mio modesto esercizio retorico, per ricordo del tuo amico, ma anche lo prenderai sotto la tua protezione; dedicato a te, non mi appartiene più: è tuo.
E' probabile, infatti, che non mancheranno voci rissose di calunniatori ad accusare i miei scherzi, ora di una futilità sconveniente per un teologo, ora di un tono troppo pungente per la mansuetudine cristiana; e grideranno che prendo a modello la commedia antica e Luciano, mordendo tutto senza lasciare scampo. Vorrei però che quanti si sentono offesi dalla scherzosa levità del mio tema, si rendessero conto che non sono l'inventore del genere, e che già nel passato molti grandi autori hanno fatto lo stesso. Tanti secoli fa, Omero cantò per scherzo "la guerra dei topi con le rane", Virgilio la zanzara e la focaccia, Ovidio la noce. Policrate incorrendo nelle critiche di Ippocrate fece l'elogio di Busiride, Glaucone quello dell'ingiustizia, Favorino di Tersite, della febbre quartana, Sinesio della calvizie, Luciano della mosca e dell'arte del parassita. Sono scherzi l'apoteosi di Claudio scritta da Seneca, il dialogo fra Grillo e Ulisse di Plutarco, l'asino di Luciano e di Apuleio, e il testamento - di cui ignoro l'autore - del porcello Grunnio Corocotta menzionato anche da san Girolamo. Lasciamo perciò che certa gente, se crede, vada fantasticando che, per svago, a volte, ho giocato a scacchi, o, se preferisce, che sono andato a cavallo di un lungo bastone. Certo, è una bella ingiustizia concedere a ogni genere di vita i suoi svaghi, e non consentirne proprio nessuno ai letterari, soprattutto poi quando gli scherzi portano a cose serie, e gli argomenti giocosi sono trattati in modo che un lettore non del tutto privo di senno può trarne maggior profitto che non da tante austere e pompose trattazioni. Come quando con mucchi di parole si tessono le lodi della retorica o della filosofia, o si fa l'elogio di un principe, o si esorta a fare la guerra ai Turchi, mentre qualcuno predice il futuro, o va formulando questioncelle di lana caprina. In realtà, come niente è più frivolo che trattare in modo frivolo cose serie, così niente è più gradevole che trattare argomenti leggeri in modo da dare l'impressione di non avere affatto scherzato. Di me giudicheranno gli altri; eppure se la presunzione non mi accieca completamente, ho fatto sì l'elogio della Follia, ma non certo da folle. Quanto poi all'accusa di spirito mordace, rispondo che si è sempre concessa agli scrittori la libertà d'esercitare impunemente la satira sul comune comportamento degli uomini, purché non diventasse attacco rabbioso. Per questo mi meraviglia tanto di più la delicatezza delle orecchie d'oggi, che riescono a sopportare ormai solo titoli solenni. In taluni, anzi, trovi una religione così distorta che passano sopra alle più gravi offese a Cristo prima che alla minima battuta ironica sul conto di un pontefice o di un principe, soprattutto poi se entrano in gioco i loro privati interessi. D'altra parte, uno che critica il modo di vivere degli uomini così da evitare del tutto ogni accusa personale, si presenta come uno che morde, o non, piuttosto, come chi ammaestra ed educa? E, di grazia, non investo anche me stesso con tanti appellativi poco lusinghieri? Aggiungi che, chi non risparmia le sue critiche a nessun genere di uomini, dimostra di non avercela con nessun uomo, ma di detestare tutti i vizi. Se, dunque, ci sarà qualcuno che si lamenterà d'essere offeso, sarà segno di cattiva coscienza o per lo meno di paura. Satire di questo genere, e molto più libere e mordenti, troviamo in san Girolamo, che talvolta fece anche i nomi. Io non solo non ho mai fatto nomi, ma ho adottato un tono così misurato che qualunque lettore avveduto si renderà conto che mi sono proposto la piacevolezza piuttosto che l'offesa. Né ho seguito l'esempio di Giovenale: non ho mai smosso l'oscuro fondo delle scelleratezze; ho cercato di colpire quanto è risibile piuttosto che le turpitudini. Se poi c'è ancora qualcuno che nemmeno così è contento, ricordi almeno questo: che è bello essere vituperati dalla Follia e che avendola introdotta a parlare, dovevo rimanere fedele al personaggio. Ma perché dire queste cose a te, avvocato così straordinario da difendere in modo egregio anche cause non egregie? Addio, eloquentissimo Moro, e difendi con zelo la tua Morìa.
dalla campagna, 9 giugno 1508.

lunedì

Giordano Bruno


Sono indeciso se postare la lettera nella sua interezza: necessità mi spinge a farlo, ma il buon senso (mettendomi nei panni di un lettore) mi invita a fare il contrario. Comunque oggi presentiamo la lettera di Giordano Bruno, raccomandandone la lettura. Sembra che di questi periodi possa far bene...

EPISTOLA ESPLICATORIA SCRITTA AL MOLTO ILLUSTRE ED ECCELLENTE CAVALLIERO SIGNOR FILIPPO SIDNEO DAL NOLANO

Cieco chi non vede il sole, stolto chi nol conosce, ingrato chi nol ringrazia; se tanto è il lume, tanto il bene, tanto il beneficio; per cui risplende, per cui eccelle, per cui giova; maestro de sensi, padre di sustanze, autor di vita. Or non so qual mi sarei, eccellente Signore, se io non stimasse il vostro ingegno, non onorasse gli vostri costumi, non celebrasse gli vostri meriti; con gli quali vi siete scuoperto a me nel primo principio ch'io giunsi a l'isola Britannica, per quanto v'ha conceduto il tempo; vi manifestate a molti, per quanto l'occasione vi presenta; e remirate a tutti, per quanto vi mostra la vostra natural inclinazione veramente eroica. Lasciando, dunque, il pensier dei tutti ai tutti, ed il dover de' molti a' molti, non permetta il fato, che io, per quel tanto che spetta al mio particolare, come tal volta mi son mostrato sensitivo verso le moleste ed importune discortesie d'alcuni; cossì avanti gli occhi de l'eternità vegna a lasciar nota d'ingratitudine, voltando le spalli a la vostra bella, fortunata e cortesissima patria, prima ch'al meno con segno di riconoscenza non vi salutasse, gionto al generosissimo e gentilissimo spirito del signor Folco Grivello. Il quale, come con lacci di stretta e lunga amicizia, con cui siete allevati, nodriti e cresciuti insieme, vi sta congionto: cossì nelle molte e degne, esterne ed interne perfezioni v'assomiglia; ed al mio riguardo fu egli quel secondo, che, appresso gli vostri primi, gli secondi offici mi propose ed offerse: quali io arrei accettati, e lui certo arrebe effettuati, se tra noi non avesse sparso il suo arsenito de vili, maligni ed ignobili interessati l'invidiosa Erinni.Sì che, serbando a lui qualch'altra materia, ecco a voi presento questo numero de dialogi, li quali certamente saranno cossì buoni o tristi, preggiati o indegni, eccellenti o vili, dotti o ignoranti, alti o bassi, profittevoli o disutili, fertili o sterili, gravi o dissoluti, religiosi o profani, come di quei, nelle mani de quali potran venire, altri son de l'una, altri de l'altra contraria maniera. E perché il numero de stolti e perversi è incomparabilmente più grande che de sapienti e giusti, aviene che, se voglio remirare alla gloria o altri frutti che parturisce la moltitudine de voci, tanto manca ch'io debba sperar lieto successo del mio studio e lavoro, che più tosto ho da aspettar materia de discontentezza, e da stimar molto meglior il silenzio ch'il parlare. Ma, se fo conto de l'occhio de l'eterna veritade, a cui le cose son tanto più preciose ed illustri, quanto talvolta non solo son da più pochi conosciute, cercate e possedute, ma, ed oltre, tenute a vile, biasimate, perseguitate; accade ch'io tanto più mi forze a fendere il corso de l'impetuoso torrente, quanto gli veggio maggior vigore aggionto dal turbido, profondo e clivoso varco. Cossì dunque lasciaremo la moltitudine ridersi, scherzare, burlare e vagheggiarsi su la superficie de mimici, comici ed istrionici Sileni, sotto gli quali sta ricoperto, ascoso e sicuro il tesoro della bontade e veritade, come, per il contrario, si trovano più che molti, che sotto il severo ciglio, volto sommesso, prolissa barba e toga maestrale e grave, studiosamente a danno universale conchiudeno l'ignoranza non men vile che boriosa, e non manco perniciosa che celebrata ribaldaria.Qua molti, che per sua bontà e dottrina non possono vendersi per dotti e buoni, facilmente potranno farse innanzi, mostrando quanto noi siamo ignoranti e viziosi. Ma sa Dio, conosce la verità infallibile che, come tal sorte d'uomini son stolti, perversi e scelerati, cossì io in miei pensieri, paroli e gesti non so, non ho, non pretendo altro, che sincerità, simplicità, verità. Talmente sarà giudicato dove l'opre ed effetti eroici non saran creduti frutti de nessun valore e vani; dove non è giudicata somma sapienza il credere senza discrezione; dove si distingueno le imposture de gli uomini da gli consegli divini; dove non è giudicato atto di religione e pietà sopraumana il pervertere la legge naturale; dove la studiosa contemplazione non è pazzia; dove ne l'avara possessione non consiste l'onore, in atti di gola la splendidezza, nella moltitudine de servi, qualunque sieno, la riputazione, nel meglio vestire la dignità, nel più avere la grandezza, nelle maraviglie la verità, nella malizia la prudenza, nel tradimento l'accortezza, ne la decepzione la prudenza, nel fengere il saper vivere, nel furore la fortezza, ne la forza la legge, ne la tirannia la giustizia, ne la violenza il giudicio; e cossì si va discorrendo per tutto.
(to be continued...)

giovedì

Un amore antico


Un amore antico eppure molto moderno: ne abbiamo lette di storie d'amore esemplari e tormentate, come "Giulietta e Romeo" di Shakespeare o "I Promessi Sposi" del Manzoni. Forse non tutti conoscono Catullo, nè il suo amore per Lesbia. Vi propongo qui questa lettura, non perchè questo carme sia il più bello, piuttosto perchè mi piacerebbe sapere la vostra sul suo finale. Leggetelo attentamente.


Catullo, Carme 72


Una volta dicevi che facevi l'amore solo con Catullo,
Lesbia, e che al posto mio non avresti voluto abbracciare neppure Giove.
Ti amai, allora, non tanto come il volgo ama un'amante,
ma come un padre ama i figli e i generi.
Adesso ti ho conosciuta:
perciò, anche se brucio più violentemente,
tu sei per me molto più vile e spregevole.
"Com'è possibile?", dici.
Perché un'offesa del genere
costringe un amante ad amare di più,
ma a voler bene di meno.

martedì

Lettere dal passato


Da oggi, periodicamente, presenteremo brani dalle lettere più celebri della storia. Per prima proponiamo un estratto dalla missiva di Seneca alla madre Elvia: una lettera toccante che, come usuale nella metodica senechiana, cerca di edificare moralmente, additando allo studio l'unica strada da seguire per fortificare il proprio animo contro gli attacchi della fortuna. Teneri sono poi i rimandi ai figli e ai nipotini, tremendamente commoventi quelle carezze consolatorie per una madre in lacrime a causa della lontananza del figlio, e consolatorie come non mai quelle domande che da vacillanti -quali i primi interrogativi- diventano alla fine più ammiccanti, quasi un'esortazione da seguire.

«Dirai, mamma carissima: “Dunque sono priva del
mio figlio più caro, non posso godere dei suoi abbracci,
della sua vista, delle sue parole. Dov'è la creatura la cui presenza
rischiarava il mio volto, che mi faceva dimenticare
tutte le mie pene? Dove i discorsi, di cui ero insaziabile?
Dove quel tuo corrermi intorno? Dove, alla vista della
mamma, quell'allegria infantile?” Mettici anche i luoghi
dove abbiamo gioito e vissuto insieme, e i ricordi dei nostri
ultimi incontri, inevitabili punti di nuovo dolore. Ma quanto
più dura è la prova tanto più devi fare appello alla tua forza
morale e affrontare con maggior energia un nemico ben noto
e già più volte vinto. Questa non è la prima ferita che fa sanguinare
il tuo corpo: c'erano già cicatrici dove sei stata colpita.
So bene che non dipende da noi e che nessun sentimento
è in nostro potere, specialmente quello che nasce dal dolore:
perché è ostinato e ribelle ad ogni rimedio. Vorremmo a
volte soffocarlo e inghiottire i lamenti, ma la falsa calma del
viso si riga di lacrime. Cerchiamo a volte di non pensarci
assistendo a giochi ma fra gli spettacoli che ci distraggono
si fa sentire sempre una lieve fitta di dolore. Perciò è meglio
vincerlo che ingannarlo. Voglio perciò mostrarti quali motivi
hai di conforto. Pensa ai miei fratelli: finchè stan bene non
hai il diritto di accusare la fortuna. Entrambi ti hanno dato
soddisfazioni per motivi opposti: uno ha fatto carriera con la
sua attività, l'altro da saggio vi ha rinunziato. Conosco i più
segreti moventi dei miei fratelli: uno coltiva gli onori solo
per darti lustro, l'altro ha scelto una vita tranquilla e appartata
solo per dedicarsi a te. È un dono della fortuna aver
fatto dei tuoi figli il tuo sostegno e il tuo sollievo: puoi godere
della protezione dell'uno, del tempo libero dell'altro.
Faranno a gara per servirti e all'assenza di un figlio supplirà
l'affetto degli altri due. Posso rischiare una promessa: ti
mancherà solo il numero. Rivolgi poi il pensiero ai nipoti: a
Marco, un amore di bimbo. Quando c'è lui nessuna tristezza
può durare; non c'è afflizione grande o recente che resista
alle sue moine. Quali lacrime non asciugherebbe la sua allegria?
Quale cuore stretto dall'angoscia non si aprirebbe alle
sue monellerie? Chi non giocherebbe con lui? Chi non distrarrebbe
dai suoi pensieri quel cicaleccio che non stanca
mai? Si esaurisca in me tutta la crudeltà del destino: su me
passi ogni dolore destinato alla madre, ogni dolore destinato
alla nonna. Gli altri miei cari siano risparmiati: non mi
lamenterò del figlio perduto, né della mia condizione, pur di
essere il capro espiatorio della mia famiglia, che non abbia
più a soffrire di niente».

venerdì

Quarto turno


La più hot: BAR RAFAELI







Il quarto turno del campionato delle bellissime vede come protagoniste:

Vida Guerra

Elena Santarelli

Jessica Alba



Tra i vostri mille pensieri, e le infinite parole che vorreste scrivere, esprimete una preferenza: ogni commento varrà un punto.

mercoledì

siamo governati da drogati o da pusher?



Le Iene da ieri hanno sconvolto l'Italia con la loro rivelazione sulla droga in Parlamento: secca la risposta del Garante della Privacy che ha bloccato il servizio, il quale sarebbe dovuto andare in onda proprio ieri sera. In diretta i ragazzi si sono difesi dicendo a chiara voce che i loro servizi non hanno mai leso la privacy di nessun protagonista dei loro scoop: per dimostrare ciò hanno riproposto un servizio che incastrava un ladro di motorini e un altro -peraltro simile al servizio bloccato- sulle droghe in discoteca.
Questi i risultati dell'inchiesta delle Iene: un onorevole su tre fa uso di stupefacenti, prevalentemente cannabis ma anche cocaina.
Il test, eseguito con uno stratagemma, è il drug wipe, un tampone frontale che, spiega Davide Parenti, capo autore delle Iene, «ha una percentuale di infallibilità del 100%». Il 32% degli «intervistati» è risultato positivo: di questo il 24% (12 persone) alla cannabis, e l'8% (4 persone) alla cocaina.
Sentiamo alcune dichiarazioni di politici:
"La privacy va rispettata ma anche il diritto di informazione" ha detto il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio.
Alessandra Mussolini: "Siamo al regime: la censura su un'inchiesta giornalistica è grave a la denuncerò al Parlamento Europeo". E ancora "'Vogliamo sapere chi tra i rappresentanti del popolo usa droga, come e da chi la compra ma soprattutto se la vende: ci manca solo l'onorevole pusher".
Franco Grillini: "Io lancio una sfida a Le Iene e ad Italia Uno, chiedendo di trasmettere la mia intervista senza camuffare la mia voce o il mio volto. Io non ho niente da nascondere".
"Rispetto molto il garante, ma chiedo di liberare e dissequestrare le Iene" afferma Capezzone, che aggiunge: "La privacy vale, ma la libertà di informazione vale anche di più. Dico no alla censura".
Insomma, ci chiediamo tutti: ma siamo governati da drogati? O, ancor peggio, tra tutti questi falsi retori e demagoghi che fanno uso di eloquenti arzigogoli di parole durante i comizi o gli interventi pubblici su tematiche spinose, facendo loro stessi quello che dicono di combattere, ci sarà -alla fine- tra le loro file, perfino qualche pusher?
Parole, parole, parole...Dove siamo andati a finire...

lunedì

Il suono dell'universo


Ascolta il suono del Big Bang: è il suono dell'universo che nasce.
E' questa la musica celestiale di cui parlava Pitagora?

http://www.repubblica.it/scienza_e_tecnologia/index.html

http://www.repubblica.it/2006/10/sezioni/scienza_e_tecnologia/suono-big-bang/suono-big-bang/suono-big-bang.html

Convivenza



Pensieri.

Mi fanno ridere alcune affermazioni inerenti la disputa dell'integrazione dei popoli immigrati nel nostro paese, e in special modo la questione del velo per le donne musulmane.
L'occasione è proposta dalle dichiarazioni dell'ex ministro degli Esteri britannico, Kack Straw proprio riguardo al velo: "Dobbiamo difendere la libertà d'espressione".
Ma come si può essere così miopi?
Innanzitutto la libertà di espressione è garantita non a posteriori, ma a priori. Che significa? In poche parole si garantisce la libertà di espressione quando la persona è conscia della sua decisione e la comunità tutela la sua possibilità e il suo diritto di esprimere le sue convinzioni, indipendentemente da tutto ciò che la circonda, in primis la stessa comunità di appartenenza. Certo, a detta di qualcuno, una cosa del genere non si vede realizzata pienamente nemmeno in quelle comunità occidentali dette "libere": ma il nucleo del problema sta proprio qui. La libertà di espressione è un derivato di un ideale di libertà più vasto e generale, il quale abbraccia tutto ciò che è legato all'idea di essere umano. Ovvero non è uno Stato che deve difendere la libertà di espressione di una persona, è invece la persona che deve esercitare il diritto della sua libertà di espressione. Lo Stato si deve limitare a garantire e a far rispettare il diritto alla Libertà. Questo implica una presa di coscienza di un cittadino tale che egli debba in primis esercitare, mettere in pratica i suoi diritti, quindi conoscerli e rispettarli, educando la sua visione alla libertà.
Se invece dalla politica si alzano cori in difesa di una libertà di espressione che rimane solo sulla carta, allora non è lecito lamentarsi se le comunità immigrate di minoranza manterranno inalterati i loro usi e costumi, purtroppo a volte restrittivi per certe categorie, come le donne.
La libertà è una cosa seria, è una conquista fatta in prima persona, è un percorso che parte dalla conoscenza, dal dialogo, dal confronto, dalla razionalità e dalla comunicazione, prima che dal rispetto. Non è possibile nè ammissibile che si inneggi al dialogo senza stabilire prima qual'è il terreno di confronto, qual' è cioè l'essenza unica che appartiene a tutti gli esseri umani, al di là delle religioni e delle provenienze culturali.
Premesso ciò l'affermazione del ministro Frattini: "Vorrei sentire le stesse donne musulmane affermare: prima siamo europee e poi islamiche. Vorrei vedere i moderati dell'Islam guidare le proprie comunità verso l'integrazione", appare sì ragionevole, ma in sostanza manchevole di basi solide, proprio perchè è impensabile che accada ciò, dal momento che non si è fatto altro fino ad ora che aprire un lembo di terreno all'interno della comunità europea nel quale si permette a comunità estranee di esercitare liberamente la loro appartenenza ad un altro gruppo sociale: cioè si chiamano questi gruppi "liberi" perchè sono in uno Stato Libero, ma non sono liberi perchè hanno coscienza e quindi partecipano della libertà di cui parla uno stato. Questo anche a causa di una retorica ignorante che riesce solo a scegliere tra modelli di integrazione, l'assimilazione e il multiculturalismo, invece di scendere apertamente in campo in un dialogo di convinvenza incentrato sulla Libertà.

sabato

Risolvi l'enigma!


Forse tra tutti voi, ci sarà qualche appassionato di enigmi... ebbene, ho pensato di inserire qualche giochino per la mente....

Enigma:

Dov'è l'enigma?

Bravo, proprio qui sotto!

Terzo Turno





Eccovi il Terzo Turno del Campionato delle Bellissime:

a sfidarsi
Juliana Moreira, la valletta di Cultura Moderna
Ainett Stephens, la pantera nera
Melissa Satta, Velina di Striscia la Notizia


Come sempre una vostra perferenza vale un punto.

mercoledì

Sms




Sms: "Messaggio per i comunisti"

"Messaggio per i comunisti: Ora che il tuo governo ha mandato i soldati in Libano, ora che sta per tagliarti le pensioni, ora che ti obbligherà a pagare con assegni, ora che ha liberato ladri, assassini e truffatori, ora che stabilirà per legge il periodo delle tue ferie, ora che aumenterà le tasse, toglierà fondi ai comuni... Ammettilo: inizi a sentirti un po' coglione? Beh, qualcuno ti aveva avvertito..."



Ecco l'sms che sta spopolando in rete...

martedì

Giovanni Falcone



Giovanni Falcone: l'uomo che sfidò Cosa Nostra.

Dopo che la serie tv in due puntate, ispirata al libro «Storia di Giovanni Falcone» di Francesco La Licata (Feltrinelli), intitolata e dedicata alla vita di Giovanni Falcone, con Massimo Dapporto ed Elena Sofia Ricci protagonisti, per la regia dei fratelli Antonio e Andrea Frazzi, rischiava di non andare in onda, dobbiamo per forza di cose, fare un bel sospiro di sollievo e complimentarci per chi si opposto a questa ridicola censura. Sì, perchè era stato presentato il ricorso, con procedura d'urgenza (art.700) di un magistrato, Vincenzo Geraci, ex collega a Palermo di Giovanni Falcone e da molti anni residente a Roma, perchè fosse bloccato il film, a suo avviso denigratorio nei suoi confronti: si sente infatti diffamato da un personaggio, il giudice Rosario Lo Monaco (figura inventata ed interpretata da Carlo Cartier) antagonista di Falcone nella fiction, in cui egli si riconoscerebbe.
Pronta fu la replica del produttore della fiction, Carlo Degli Esposti:
«Aspetto con fiducia la decisione del Tribunale. La correttezza della mia casa di produzione Palomar è fuori discussione, basta ricordare le nostre precedenti fiction su Perlasca, Cefalonia, Bartali, Montalbano, solo per citarne alcune. Spero vivamente che la sentenza non blocchi questo lavoro, in cui abbiamo voluto ricostruire la vera avventura umana di un grande uomo, soprattutto un uomo scomodo e pericoloso per la criminalità».
Per fortuna tutto è finito per il meglio: "Altrimenti Giovanni Falcone rischierebbe di essere ucciso per la seconda volta".
E ieri sera tutti abbiamo potuto rivivere l'esperienza personale di un giudice che, insieme all'amico Paolo Borsellino, sono diventati eroi del nostro tempo. Commoventi poi sono state le immagini dei funerali delle vittime della strage di Capaci, procedimento adattato anche nella fiction realizzata per Mediaset su Paolo Borsellino. E grande l'interpretazione di Massimo Dapporto come di Elena Sofia Ricci, che ci hanno restituito il volto più umano dei personaggi: non possiamo non ricordare l'immagine finale con cui si è chiusa lo sceneggiato: poco prima dello schianto le due mani di Giovanni e Francesca, unite.
Che restino impresse in tutti noi le parole di del Presidente degli Stati Uniti Kennedy, tanto amate da Falcone: "Un uomo fa ciò che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. In questo consiste la dignità umana".

lunedì

Secondo turno




Il secondo turno del campionato delle bellissime vede come protagoniste:

Adriana Lima,
Giorgia Palmas
Thais Souza Wiggers



Come sempre, la vostra preferenza vale un punto per la concorrente...

Domenico Palumbo


Intervista a Domenico Palumbo, autore di "Parole d'amore".
Siamo di nuovo qui, dopo che qualche anno fa abbiamo incontrato l'autore per un'intervista al suo primo lavoro, "Una lettera dal passato": ora siamo tornati, benchè il genere non sia il medesimo, ad intervistare Domenico Palumbo su un tema ostico per natura, e ancor di più se pensiamo che a trattarlo è stato un uomo. Parliamo di poesia, dopo un racconto 'giallo' e perciò la prima domanda è d'obbligo:
- Perchè pubblicare un libro di poesia dopo un giallo?
- Essenzialmente non riesco a darmi una spiegazione, anche perchè qualsiasi cosa direi sarebbe certamente incompleta. Seguo quella che è la mia ricerca espressiva, e non posso nascondere che molte delle tappe di questo cammino sono state caratterizzate da immagini, pensieri, versi, di volta in volta annotati sui più svariati supporti, cartacei e non. Alla fine mi sono accorto che si poteva raccogliere tutto in un libro di poesie dedicate all'amore.
- è significativo che oggi, malgrado tutte le accuse alle nuove generazioni, c'è ancora voglia di parlare di amore. che cos'è l'amore per te?
- A proposito delle accuse che vengono rivolte ai giovani, specialmente quella dell'assenza dei valori a cui anche questa sua domanda allude, mi piace ricordare le parole di Fabrizio De Andrè che ammoniva quanti sostenevano che i giovani non avessero valori, facendo notare loro che i giovani i valori li hanno, solo che sono diversi da quelli della generazione precedente, ed è per questo, solo perchè non sono ancora storicizzati, che non si riescono del tutto a cogliere, e si finisce molto spesso con l'immaginarsi che noi - i giovani - coltiviamo le più abiette scelleratezze. Ma certamente con il mio libricino di poesie non voglio assolutamente immaginare di rispondere a costoro, o ergermi a paladino della moralità dei giovani. Semplicemente ho voluto raccontare l'amore per come lo vedo io, per come lo sento. Ed è ovvia dunque la risposta alla seconda domanda: l'amore è qualcosa a cui non bastano le parole.
- Può spiegarci meglio questo concetto dell'amore, visto che nel libro, se mi permetti, sono scritte poesie che parlano più degli effetti dell'amore, dalla gioia alla sofferenza, dalla complicità all'addio. Cosa è l'amore per te?
- Non vorrei fare la scortesia di ridere in faccia a quant,i seduti tra coloro che accusano i giovani, ora si alzerebbero cercando di contraddirmi: ho 27 anni e ho conosciuto l'amore. Nelle svariate forme che si presenta nella vita delle persone: dall'amore verso la propria famiglia, a quello platonico delle prime cotte, a quello stilnovista del primo amore, a quello boccaccesco degli altri. L'amore fa parte della vita dell'uomo, ma se ti chiedono che cos'è l'amore, finisci con il fare la fine di S.Agostino che, interrogatosi su che cos'è il tempo non sapeva trovare una risposta, benchè riuscisse con facilità a individuarlo nella successione delle ore. L'amore è un universo di specchi, ogni volta assume ombre e caratteristiche che mandano in tilt la ragione: non sai mai cosa è giusto fare, quando farla e come reagire alle cose. Non c'è verso di trovare una direzione nel labirinto dell'amore. ed è straordinario sentire come dentro ognuno di voi v'è chiara una sola constatazione, che  a qualsiasi parola tentassimo di aggrapparci, per trovarvi una direzione, un suggerimento, una consolazione, ci sembrerebbe troppo poco. Avvertiamo un senso di inadeguatezza se dobbiamo descrivere ciò che amiamo: facciamo un esempio, un caso pratico. Amo una donna: posso usare tutte le parole che conosco per cercare di mettere su carta il sentimento che m'assale al solo pensarla: comunque mi sembrerebbero troppo poco. Con l'amore vale ciò che i medioevali trovavano nelle caratteristiche del male, e cioè l'assenza di limite. La tua vita non ti basta per dire alla tua amata che l'ami. Ecco perchè ti senti di darle la tua vita, quando le prometti amore eterno, o ti senti ferito a morte, quando la storia finisce. Perchè l'amore è qualcosa che va oltre.
- In questo concetto è racchiuso il titolo del tuo libro?
 - Esattamente. L'amore ha bisogno delle nostre parole per potersi esprimere. E queste sono le mie parole per raccontare ciò che ho sentito io quando m'ha fato visita Amore.
- è importante per un poeta la propria musa ispiratrice?
- Io penso di sì. è come una guida. Ti fa rialzare quando la stanchezza, la delusione, il malumore, l'incertezza ti assalgono. è perchè non vuoi deluderla che allora ti dai da fare, e che cerchi il modo di terminare quello che ti sei proposto. Molto spesso, quando siamo in ansia, ci fa bene cercare di immaginare una guida, una persona saggia, senza darci peso per rappresentarcela in determinate fattezze: a qualcuno allora apparirà come un vecchio, ad altri come un santone, ad altri come un elemento della natura, come il sole. è connaturato nel nostro animo cercare di fronteggiare una crisi affidandoci nelle braccia di qualcuno: non lo fanno anche i bambini quando corrono dalla madre? Gli basta anche solo toccare un lembo della gonna, per trovare subito conforto, protezione, calore. A volte invece può capitare che il tuo pensiero si rivolge alla musa perchè vuole più autorevolezza per conquistare una donna. Nessuno ha bisogno della poesia per conquistare una donna: eppure la poesia non ti fa essere banale. E questo secondo me, è una cosa importante per un rapporto d'amore, il non essere mai banali.
- Che cos'è la poesia per un giovane di oggi?
- Non so cosa sia la poesia per un giovane di oggi, perchè non so se sia sempre stato chiaro cosa è la poesia per i giovani di ieri. Mi sono fatto un'idea più o meno: la poesia è la metafora di qualcosa. Cosa sia questo qualcosa, cosa sia quello che cerchiamo, è l'avventura della vita di ognuno di noi.
- Ultima domanda: qual'è la poesia che ti piace di più, quella che consigli al tuo lettore di leggere per prima?
- Non lo so proprio. Raccomando solo di lasciar parlare il testo. Una poesia, concentrandosi tutto in se stessa, in un unicum di musicalità, di drammaticità, di significati, non si riesce a diluire in una spiegazione che ne abbracci genesi, trama e fine; cosicché alle poesie si addice più essere assaporate - meglio- essere vissute, essere sperimentate, che essere raccontate. è quello che vorrei che i miei lettori facessero: lasciarsi sballottare dalle parole.
Domenico Palumbo ne è certo: la poesia toglie all’animo del poeta il peso del mondo e restituisce al lettore la leggerezza dell’intimità, della speranza, e quindi dei sogni. E in effetti leggendo il libro sembra quasi di essere cullati da una dolce melodia che scandisce i versi, ora teneri e soffici come carezze, ora brevi e spietati come dardi. Anche quando deve parlare dell’amore. Perché a sentire l’autore, l’Amore è una cosa seria, che esige lealtà prima che sincerità, coraggio prima che abbandono, verità prima che follie. È così che la poesia diventa omaggio alla donna – che è il mondo tutto, che è una in particolare, che è la più bella di tutte - e l’amore verso di lei l’unica possibilità che ha l’uomo di ritornare nel nido caldo della pancia della mamma. Forse è vero, perché solo così si spiega come, a dispetto del dolore, si torna sempre ad amare.

A.G.