domenica

Ti amo



Quando le stelle cadono,
quando il mare parla con voce antica,
quando anche le ombre mi portano a te,
quando i petali di una rosa diventan
farfalle,
non riesco a dirti nient'altro,
se non un silenzioso e nudo
"ti amo".

mercoledì

La ricetta dell'amore



L'amore è una cosa seria.
Hai bisogno di tutto il corpo per amare:

1 bocca e 2 orecchie, per ascoltare il doppio e parlare la metà
1 sesso e 2 occhi, per guardare ovunque sempre e immediatamente ma per esercitare solo in certi momenti, in certe occasioni e con le dovute pause
1 testa e 2 mani, perchè con più forza tu possa scoprire e reggere, prendere e lasciare, accarezzare e parlare, invece di blaterare
1 petto forte e 2 gambe svelte, per seguire i suoi passi in giro per il mondo senza stancarti, e per avvolgere e proteggere, come in un nido antico, quando si è a casa.
1 sogno e 2 parole, perchè puoi dirle solo: ti amo, il resto è da vivere.
1 fede e 2 scusa, perchè sai già che non sei perfetto e dovrai perdonare di più
1 indice e 4 dita, perchè ricordi che quando accusi, 3 altre dita sono rivolte verso te, e un altro verso il perdono.
1 noi e 1 vita, perchè ricordi che il noi è più di 'io' e più di 'tu', ma per viverlo basta 1 sola vita.
1 verbo per 1 cuore e 1 testa, perchè 'credere' è l'unico verbo che mette d'accordo la testa e il cuore.

martedì

è morto Francesco Cossiga




Checchè se ne pensi,
muore un pezzo della storia dell'italia.
al di là della condivisione delle sue idee, della sua politica, della sua 'falsa pazzia' o della sua 'presunta pazzia', con la morte di Cossiga ci si deve interrogare se alla fine l'italia nata dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale riesca a mantenersi sulle stesse fondamenta di allora.

Qui potete leggere le lettere inviate al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, al Presidente del Senato Renato Schifani, al Presidente della Camera Gianfranco Fini, al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA - «Signor Presidente, Le confermo i miei sentimenti di fedeltà alla Repubblica, di devozione alla Nazione, di amore alla Patria, di predilezione della Sardegna, mia nobile Terra di origine. Fu per me un grande onore servire immeritatamente e con tanta modestia, ma con animo religioso, con sincera passione civile e con dedizione assoluta, lo Stato italiano e la nostra Patria, nell'ufficio di Presidente della Repubblica. A Lei, quale Capo dello Stato e Rappresentante dell'Unità Nazionale, rivolgo il mio saluto deferente e formulo gli auguri più fervidi di una lunga missione al servizio dell'amato Popolo italiano. Con viva, cordiale e deferente

AL PRESIDENTE DEL SENATO - «Onorevole Presidente del Senato della Repubblica nel momento in cui il giudizio sulla mia vita è misurato da Dio Onnipotente sulle verità in cui ho creduto e che ho testimoniato e sulla giustizia e carità che ho praticato, professo la mia Fede Religiosa nella Santa Chiesa Cattolica e confermo la mia fede civile nella Repubblica, comunità di liberi ed uguali e nella Nazione italiana che in essa ha realizzato la sua libertà e la sua unità. Fu per me un onore grande servire la Repubblica, a cui sempre sono stato fedele; e sempre tenni per fermo onorare la Nazione ed amare la Patria. Fu per me un privilegio altissimo: rappresentare il Popolo Sovrano nella Camera dei Deputati prima, del Senato della Repubblica quale Senatore elettivo, Senatore di diritto e a vita e Presidente di esso; e privilegio altissimo fu altresì servire lo Stato nel Governo della Repubblica quale membro di esso e poi Presidente del Consiglio dei Ministri ed infine nell'ufficio di Presidente della Repubblica. Nel mio testamento, ho disposto che le mie esequie abbiano carattere del tutto privato, con esclusione di ogni pubblica onoranza e senza la partecipazione di alcuna autorità. Per quanto attiene le onoranze che i costumi e gli usi riservano di solito ai membri ed ex-Presidenti del Senato, agli ex-Presidenti del Consiglio dei Ministri ed agli ex-Presidenti della Repubblica, qualora Ella ed il Governo della Repubblica decidessero di darne luogo, è mia preghiera che ciò avvenga dopo le mie esequie, con le modalità, nei luoghi e nei tempi ritenuti opportuni. Voglia porgere ai valorosi ed illustri Senatori il mio ultimo saluto ed il mio augurio più fervido di ben servire la Nazione e di ben governare la Repubblica al servizio del Popolo, unico sovrano del nostro Stato democratico. Che Iddio protegga l'Italia!».

AL PRESIDENTE DELLA CAMERA - «Signor Presidente, nel momento in cui nella fede cristiana lascio questa vita, il mio pensiero va alla Camera dei deputati, nella quale, per voto del popolo sardo, entrai nel 1958 e fui confermato fino al 1983, anno in cui fui eletto senatore. Fu per me un grandissimo e distinto privilegio far parte del Parlamento nazionale e servire in esso il Popolo, sovrano della nostra Repubblica. Professo la mia fede repubblicana e democratica, da liberaldemocratico, cristianodemocratico, autonomista-riformista per uno Stato costituzionale e di diritto. Professo la mia fede nel Parlamento espressione rappresentativa della sovranità popolare, che è la volontà dei cittadini che nessun limite ha se non nella legge naturale, nei principi democratici, nella tutela delle minoranze religiose, nazionali, linguistiche e politiche. Ringrazio i parlamentari tutti per il concorso che in tutti questi anni hanno dato con l`adesione o con l'opposizione, con l'approvazione o con la critica alla mia opera di politica. A tutti i deputati e a Lei, Signor Presidente, l'augurio di un impegnato lavoro al servizio della libertà, della pace, del progresso del popolo italiano. Dio protegga l'Italia».

domenica

Freedom writers



è successo a Sondrio. Su un palazzo degli anni trenta la giunta comunale ha restaurato un motto di Mussolini che era presente sulla facciata. "Bisogna essere forti nel coraggio. Mai voltarsi indietro quando una decisione si è presa, ma andare sempre avanti".
Allora due ultraottantenni partigiani che hanno fatto la Resistenza hanno agito e all'alba di qualche giorno fa con l'aiuto di una canna da pesca e un pennello hanno scritto un bel "Vergogna" con grafia tremante, ma più che chiara. "La frase era stata cancellata il 25 luglio 1943, abbiamo festeggiato l'anniversario aggiungendo una parola", dice uno dei due "teppisti".
Il risultato? in piazza passavano giovani che hanno preso a calci l'auto dei partigiani accusandoli di inciviltà.
Siamo al colmo dell'idiozia.